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Dislessia: cos’è e come si affronta

Negli ultimi anni, si sente sempre più parlare di disturbi specifici dell’apprendimento. In questo articolo ci soffermeremo su uno dei più comuni, la dislessia.

“Ognuno è un genio.

Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi,

lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido.”

Albert Einstein

⚠️ La dislessia fa parte dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA); si tratta di un disturbo nel processo di automatizzazione dell’abilità di lettura dal punto di vista decifrativo e si manifesta con una lettura molto lenta e/o piena di errori.

Nel concreto, chi ne soffre ha bisogno di tempi lunghi per leggere, spesso con difficoltà di comprensione e fatica a immagazzinare in memoria le informazioni.

Per quanto riguarda l’incidenza dei DSA in Italia, quasi 3 alunni su 100 hanno un Disturbo Specifico dell’Apprendimento e il 42,5% di questi ha una diagnosi di dislessia.

Diagnosi e intervento

📝 La diagnosi viene redatta da un’equipe di professionisti dopo la fine della 2a elementare, attraverso specifici test e prove di lettura di brani, parole e non-parole.

Dopo questo percorso è necessario concordare con la scuola un Piano Didattico Personalizzato (PDP) in cui si esplicitano gli strumenti e le metodologie da usare sia a scuola che a casa per raggiungere gli obiettivi didattici.

Il bambino dislessico

Nel concreto, dall’esterno questi bambini possono sembrare svogliati, pigri, distratti, affaticati, depressi, aggressivi e disturbanti.

Piangono spesso, si rifiutano di fare i compiti, hanno frequentemente mal di pancia o mal di testa prima di andare a scuola.

Ma sono tanto altro… 

  • sono intelligenti e creativi: sono capaci di elaborare ideeoriginali e trovare strategie alternative che permettono di aggirare il problema
  • sono empatici: sono in grado di capire i sentimenti altrui e di condividerli
  • sono altruisti: mettono volentieri a disposizione le loro abilità per aiutare chi è in difficoltà

Purtroppo, a causa delle loro difficoltà, perdono la motivazione nell’andare a scuola, si sentono inferiori rispetto ai compagni, non credono molto nelle loro capacità.

Come possiamo aiutarli?

  • Spiegando loro, con parole adeguate all’età, come “funzionano”
  • Insegnando loro ad utilizzare tutti quegli strumenti che permettono di arrivare all’obiettivo, 
  • Permettendo loro di mettersi alla prova in contesti in cui vengano valorizzati il loro punti di forza e le loro abilità.

Articolo a cura di Caterina Pasotti, psicologa dello sviluppo ed esperta in DSA

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Razzismo: 3 consigli per insegnare a tuo figlio il rispetto dell’altro

L’incontro tra culture differenti porta spesso a confrontarsi con il tema del razzismo.
Ecco come i genitori possono educare i bambini a non cadere nella trappola del pregiudizio.

 

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Era il 25 maggio 2020 e sulle maggiori piattaforme digitali non si leggeva altro. George Perry Floyd, un uomo afroamericano di appena 46 anni, è morto a Minneapolis, in Minnesota, ucciso da un poliziotto.

Il filmato in cui l’agente di polizia preme il ginocchio sul collo dell’uomo ha fatto il giro del mondo e molte manifestazioni di protesta nei confronti di razzismo e abuso di potere sono state ispirate da questo evento.

Molti di voi potrebbero pensare: cosa c’entra questo con i miei figli?

I bambini, come riportato anche da un recente articolo di National Geographic, ascoltano le nostre conversazioni, vedono le immagini alla tv e iniziano a farsi delle domande: “Mamma, perché quel bambino ha la pelle nera e la nostra è bianca?”, “Papà, perché hanno fatto male a quell’uomo?”.

Il razzismo era ed è un problema che ci riguarda da vicino. Il razzismo agisce nel silenzio, per questo è importante non “girarsi dall’altra parte” ma rispondere a queste domande dei nostri figli apertamente.

Come nasce il razzismo?

“Nessuno nasce odiando i propri simili a causa della razza, della religione o della classe alla quale appartengono. Gli uomini imparano a odiare, e se possono imparare a odiare, possono anche imparare ad amare, perché l’amore, per il cuore umano, è più naturale dell’odio.”

Nelson Mandela

 

Il razzismo nasce dall’idea che esistano “razze” superiori ad altre. Questo pensiero è spesso accompagnato da numerosi pregiudizi, cioè da credenze e punti di vista che possono portarci a giudicare gruppi e persone prima di conoscerli o in assenza di informazioni sufficienti.

Secondo il grande psicologo sociale Gordon Allport, all’origine del pregiudizio ci sono due processi:

    • La categorizzazione: dividere il mondo sociale in categorie per semplificare la realtà.
      Es. Clara fa la maestra d’asilo ➡ le maestre d’asilo sono solitamente dolci e gentili anche Clara deve essere dolce e gentile.
    • La generalizzazione: estendere un aspetto osservato ad una intera categoria.
      Es. un extracomunitario ha commesso un furto ➡ tutti gli extracomunitari sono ladri.

Come possiamo insegnare ai bambini a non cadere nella trappola del razzismo?

   1. Stimolare l’empatia

Per prima cosa, è importante insegnare al bambino fin dalla più tenera età a sviluppare un atteggiamento empatico. L’empatia è la capacità di immedesimarsi nello stato d’animo di un’altra persona.

Secondo Carl Rogers, padre della psicologia umanistica, è proprio l’empatia, insieme all’atteggiamento non giudicante e all’accettazione incondizionata, a permettere di comprendere profondamente l’altro, il suo modo di vivere e vedere il mondo.

Un bambino in grado di “mettersi nei panni degli altri” sarà un adulto in grado di costruire delle buone relazioni. Inoltre, saper cogliere la gioia, la tristezza, la rabbia dell’altro ci permette di riconoscerci e rispecchiarci.

Le emozioni sono infatti universali, come provato da numerose ricerche tra cui quelle di Paul Ekman, autore della teoria neuroculturale. Indipendentemente dal colore della pelle, dalle ideologie, dalle opinioni politiche e religiose, le emozioni ci ricordano di essere umani di fronte ad altri esseri umani.

 2. Viaggiare per valorizzare le differenze

Viaggiare rende più aperti alle novità, stimola la curiosità e permette di entrare in contatto con le differenze.

Visitare luoghi, conoscere persone, scoprire tradizioni e costumi è un passo fondamentale per combattere il pregiudizio e imparare a valorizzare le differenze!

Non parliamo solo di viaggi fisici: possiamo esplorare il mondo incontrando persone, storie e culture a scuola, durante attività di gioco e svago, facendo sport, leggendo, guardando film e documentari… Accompagnare i bambini in queste esperienze significa farli avvicinare a modi nuovi e diversi di vivere, sentire, pensare.

 3. Educare al pensiero critico

I vostri bambini cresceranno presto e leggeranno molte cose sui social network e sul web, purtroppo anche a sfondo razziale.

Per questo motivo è importante che fin da ora si accompagnino i bambini ad analizzare le notizie. In questo modo, i vostri figli impareranno a fare valutazioni, a ragionare scegliendo quali informazioni ritenere valide e quali no.

Aiutateli a costruire un proprio pensiero su quanto succede intorno a loro, evitando di usare categorie rigide e “preconfezionate”.

 

Articolo a cura di Giulia Della Canonica, psicologa