benessere digitale

Cosa fare per migliorare il benessere digitale

Ti capita di sentire il telefono che vibra anche quando non è veramente successo?

Se sì, ecco 5 consigli pratici per occuparsi di benessere digitale.

La “Vibrazione Fantasma”

Ti capita di sentire il telefono vibrare nella tasca anche quando non suona realmente, quando nessuno ti sta realmente scrivendo o chiamando? 

Partiamo dal fatto che se ti capita qualcosa di simile, non sei l’unico dato che questo fenomeno è sempre più diffuso oggi. Si chiama “Sindrome da Vibrazione fantasma” e 9 persone su 10 ne sono vittime.

Ma da dove arriva questo effetto, quali sono le cause? Una delle possibili cause è la notifica push. Lo smartphone non è il problema ma le notifiche e il loro ronzio continuo che richiamano la nostra attenzione sì. 

Da questo sistema “push” viene stimolata una forma di dipendenza celebrale, dove ad ogni notifica corrisponde automaticamente un gesto della mano o dello sguardo che ci direziona verso il nostro telefono, ci guida a sbloccarlo, visionare il contenuto e in un attimo aprire una qualsiasi pagina (Instragram, Facebook, Mail..) e iniziare lo “scroll” della schermata modo automatico. È un attimo che si ripresenta infinite volte in una giornata.

Utilizzo dei device e benessere digitale

Vi capita di sentirvi depressi, ansiosi o arrabbiati dopo aver trascorso molto tempo sui social media? Esiste una connessione tra l’uso notturno della tecnologia e l’aumento dell’indice di massa corporea, l’aumento della  probabilità di ansia, insonnia e una durata e qualità del sonno più breve.

L’uso eccessivo di social media come Facebook, Snapchat e Instagram diminuiscono il benessere psicologico.

Questo accade perché probabilmente ci si trova a confrontare la propria vita con quella di amici, conoscenti e influencer che ostentano una vita perfetta, entusiasmante e ideale.

Tutta questa meraviglia confrontata con la mia giornata “normale”, con la mia relazione “normale” con le mie esperienze “normali”, che effetto mi fa? Più vivo la vita altrui online, meno mi sento grato della mia vita reale offline.

Questo effetto immediato di insoddisfazione si riduce se proviamo a non guardare troppo ciò che l’altro mostra, se ci diamo dei limiti temporali precisi. Questi limiti  li suggerisce una nuova area della psicologia che si occupa proprio di benessere nel mondo digitale.

Il benessere digitale è una competenza che ci aiuta ad orientarci verso un uso positivo e significativo degli strumenti tecnologici come pc, smartphone, app… senza illuderci che essi siano neutri e che tutto dipenda solo dall’uso che se ne fa.

Io posso usarlo “bene” a mio avviso, eppure avere problemi di stress, sonno e sintomi depressivi. Pensiamo anche a come è cambiato il nostro rapporto con la tecnologia a causa della pandemia da covid 19 con fenomeno del tecnostress.

Uno studio pubblicato sulla rivista Child Development ha evidenziato come un uso eccessivo dei social aumenti il rischio di malattia mentale tra giovani e adolescenti.

L’impatto sulla nostra mente delle nuove tecnologie

Gli psicologi hanno studiato e analizzato l’effetto dei nuovi media sul funzionamento mentale. Hanno capito che la tecnologia digitale ha conseguenze relazionali e comportamentali.

Non solo, può incidere sulla qualità delle nostre vite personali, sia positivamente sia negativamente. 

Ci sono situazioni dove la tecnologia ha un impatto negativo.

Pensiamo, come dicevo all’inizio, al caso della vibrazione fantasma o della dipendenza tecnologica.

Tuttavia c’è anche un’altra faccia della medaglia che è il lato “positivo” della tecnologia stessa.

Mi riferisco ad esempio a tutte quelle situazioni dove il digitale migliora la nostra vita: svolgere alcune pratiche online velocemente risparmiando tempo e attese in code interminabili, poter videochiamare ovunque nel mondo connettendo persone distanti fisicamente, tenere monitorata la propria salute, imparare a fare attività nuove nelle situazioni più disperate (mai capitato di cercare “come fare a sturare il lavandino”…con tutorial YouTube? 😉)

Perché il digitale incida positivamente sul nostro benessere e affinché si possano apprezzare a pieno tutti i  suoi vantaggi, dobbiamo riuscire a disinnescare le problematiche di stress, di sovra-consumo e insoddisfazione che emergono dal lato oscuro.

È importante bilanciare bene i due lati: opportunità enormi VS rischi per la salute.

Ricorda: ogni volta che un nuovo strumento (medium) entra nella nostra vita in qualche modo ci cambia. Cambia il nostro pensiero, il nostro comportamento e modo di vivere. Tutto viene riprogrammato proprio partendo dal nostro cervello in modo lento, progressivo e silenzioso.

La tecnologia, lo smartphone, i social ci cambiano lentamente. È indispensabile lasciarci cambiare in modo consapevole e positivo, senza essere rigidi e allontanare una tecnologia che sicuramente migliora la nostra vita ed al contempo senza essere vittime passive.

Ma il punto è: cosa posso fare? Consigli pratici

  1. Il vero cambiamento è rimuovere davvero le notifiche inutili o non immediate. Instagram, Facebook o gruppi whatsapp
  2. Quando vai a correre o quando vuoi ascoltare musica di sottofondo con Apple o Spotify, imposta la modalità aereo per non essere distratto da telefonate o app. 
  3. Pianifica il tempo da passare online e delimita gli spazi entro cui farlo. Inizia a stabilire dei tempi precisi nel quale non utilizzerai il telefono (né telefonate, né social, né mail!) così da godere consapevolmente del mondo reale. Scegli il momento per te più opportuno, ad esempio durante la colazione mattutina, nei primi ed ultimi 10 minuti della pausa pranzo, durante il bagno o al rientro dal lavoro. Non sono necessarie grandi cose, anche piccoli spazi durante la giornata. 
  4. Prendi coscienza di quanto tempo passi online! Installa app che monitorano il tempo trascorso al telefono (benessere digitale – google play) così da renderti conto effettivamente quando superi il tuo “limite personale”. La ricerca suggerisce l’uso dei social per 30 minuti al giorno. No more!
  5. Prova ad uscire di casa senza telefono per il tempo maggiormente possibile per te. Ritagliati quei 10, 20 o 30 minuti ma provaci. Esce dalla zona di comfort e guarda cosa accade intorno a te.

 

Se vuoi saperne di più, contattaci! 

Sarah Noemi Bonomi, Psicologa del Benessere

La nostra spesa è diventata più green?

La nostra spesa è diventata più green? Riflessioni in “semifreddo” sul cambiamento dei consumi in tempi di Covid.

Siamo ciò che mangiamo.” La celebre frase del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach comunica un concetto tanto semplice quanto profondo. Riflettere su quali sono – o sono diventati – i nostri cibi preferiti può infatti rivelarci qualcosa di noi.

E il momento attuale, segnato da una profonda discontinuità legata alla pandemia Covid-19, sembra particolarmente favorevole per riflettere su come stanno cambiando le nostre abitudini, a partire da quelle alimentari.

Dunque, chi siamo? O meglio, che cosa mangiamo?

Gli acquisti compulsivi

Le foto degli scaffali vuoti dei supermercati scattate tra febbraio e marzo 2020 sono ormai un ricordo lontano, ma rimangono tra le più emblematiche dello stato di ansia che ha caratterizzato la prima fase della pandemia.

In quel momento così critico, molte persone hanno acquistato beni a lunga conservazione in grandi quantità, accumulando scorte di cibo nella propria dispensa. Non a caso, i dati Nielsen mostrano che la GDO, nella settimana del 17-23 febbraio 2020, ha registrato un +8,34% di vendite rispetto allo stesso periodo del 2019, dato che ha ricevuto un ulteriore impulso nelle settimane successive, con crescite a doppia cifra, stabilizzandosi intorno ad un +2,7% solo nell’ultima settimana di marzo 2020.

Ma perché si è verificata questa “corsa agli acquisti”? Come affermano i due esperti di marketing Kristina Durante e Juliano Laran in un articolo del 2016, gli acquisti compulsivi costituiscono una vera e propria strategia per fronteggiare le situazioni stressanti, per esercitare il controllo di un ambiente altrimenti incontrollabile.

Non stupisce quindi che, di fronte ad un virus pericoloso e completamente sconosciuto, gli italiani siano corsi a comprare i loro prodotti preferiti. Un esempio su tutti? La pasta.

Se è certo che la pandemia ci abbia spinto ad accumulare scorte di cibo, è altrettanto chiaro che questo tipo di comportamento ha rappresentato una risposta emergenziale e momentanea. È lecito, a questo punto, chiedersi: il Covid ha favorito anche altri cambiamenti, di più lunga durata? Ci ha, in qualche misura, resi “migliori”, avvicinandoci a scelte di consumo più sostenibili?

Il Covid ci ha resto ‘migliori’, la nostra spesa è diventata più green?

La risposta a queste domande è tutt’altro che semplice e, soprattutto, in continuo divenire. Tuttavia, si evidenziano alcuni trend interessanti che possono aiutarci a capire se davvero la nostra  spesa sia diventata più green. Vediamone insieme tre.

Il Biologico

Come sottolinea il rapporto “Bio in cifre 2020” presentato dall’Ismea, rispetto alla fase precedente alla crisi gli italiani si sono rivolti con maggiore decisione verso il biologico. Nel 2020 si è infatti registrato un +7% nel consumo di cibi biologici rispetto all’anno precedente.

Tale incremento, trainato dalla GDO, è stato ulteriormente consolidato nel 2021, anno in cui si è registrata un’ulteriore crescita del 5% nel settore che, come riporta una ricerca di Nomisma, ha raggiunto un valore di 4,6 miliardi di euro.

“Nel 2021, il biologico ha raggiunto un valore di 4,6 miliardi di euro”

Da un punto di vista psicologico, la tendenza ad acquistare alimenti biologici si mostra in linea con un accentuato bisogno di sicurezza, ma anche con il desiderio di prendersi cura di sé e della propria salute.

Parallelamente, è diminuita sensibilmente la richiesta di cibi pronti e preconfezionati, che hanno lasciato posto alla preparazione di pietanze casalinghe.

L’Homemade

Veniamo, quindi, al secondo trend, quello dell’homemade.

Come mostrano i dati Nielsen nel periodo della pandemia è aumentata la domanda dei cosiddetti “ingredienti base”, a partire dai quali è possibile realizzare una varietà di cibi tipici della cucina mediterranea: pane, pizza, torte.

I dati del primo periodo di lockdown sono impressionanti: nell’ultima settimana di marzo, la vendita di farine è aumentata del 213% rispetto allo stesso periodo del 2019, sorpassata solo dal lievito di birra (+226%). In crescita anche il burro (+86%), la margarina (+78%) e lo zucchero (+55%).

Il fatto di valorizzare la dimensione casalinga non è nuovo in Italia. Al contrario, la dimensione della convivialità, centrale nella nostra cultura, può aver rappresentato un modo per fronteggiare il difficile periodo di isolamento.

I comportamenti anti-spreco

Un ultimo dato da celebrare per gli appassionati di sostenibilità riguarda i comportamenti anti-spreco. Il Rapporto Waste Watcher 2021 mostra, infatti, che nel 2020 le famiglie italiane hanno ridotto lo spreco alimentare, sceso da 6,6 euro settimanali a 4,9 euro, anche grazie a una maggiore attenzione nella conservazione degli alimenti e una rinnovata tendenza a mangiare tutto, anche gli avanzi.

“Nel 2020 le famiglie italiane hanno ridotto lo spreco alimentare”

Il fatto di dover consumare la gran parte dei pasti nel contesto casalingo e il maggiore tempo dedicato alla loro preparazione potrebbe aver giovato in tal senso, consentendo una migliore pianificazione dei pasti e una conseguente riduzione degli sprechi.

Conclusioni

Le tre tendenze presentate suggeriscono che la pandemia Covid-19 ci sta avvicinando alla preferenza per un cibo semplice e meno trattato, stimolandoci al tempo stesso a sprecare meno.

Lo scenario è, tuttavia, più complesso: accanto a questi trend, infatti, una ricerca del CREA ha chiaramente mostrato un aumento nel consumo di comfort food: spuntini salati, dolci e bevande alcoliche hanno infatti registrato un aumento dopo lo scoppio della pandemia, in risposta all’esigenza di “viziarci” in un momento difficile.

In generale, comunque, i cambiamenti evidenziati sembrano promettenti! Sarà interessante aggiornarsi più avanti per capire se si consolideranno nel tempo e se, davvero, il la nostra spesa sarà diventata più green.

Articolo di Cecilia Cornaggia esperta in consumi e sostenibilità

4 modi per mantenere il cervello attivo e sano

Tutti sappiamo che per migliorare la salute del nostro corpo, dobbiamo fare esercizio fisico. Ma sapevi che è possibile allenare anche il nostro cervello e mantenerlo attivo? In questo articolo troverai dei consigli utili per capire come riuscirci.

Quando ho letto il libro di Wendy Suzuki “Happy Brain” ricordo la sensazione che ho provato già scorrendo le prime pagine.

Ero colpita dalla leggerezza e dalla semplicità del racconto, diretto e realistico nonostante la complessità del tema trattato: il cervello umano e i suoi segreti.

Senza dubbio questo libro ha suscitato in me un enorme interesse verso il concetto di cervello attivo, flessibile ed elastico.

In altre parole, grazie a lui, ho iniziato ad amare i bei cervelli.

Wendy e il “bel” cervello

👧🏻 Ma chi è Wendy?

È una ricercatrice di neuroscienze con una carriera brillante e ricca di soddisfazioni, ma nonostante questo non si può dire che sia una persona pienamente felice. 

Sveglia, però, sì. Senza dubbio. Wendy infatti capisce che qualcosa non va nella sua esistenza e decide di fare un esperimento su se stessa.  

Inizia a “studiarsi” mentre compie piccole e graduali modifiche nelle sue abitudini di vita come, ad esempio, praticare attività fisica regolarmente, adottare un regime alimentare più equilibrato, cambiare strada per andare al lavoro senza usare il gps.

Inizia quindi a fare certe cose con modalità diverse rispetto a come aveva fatto nei suoi precedenti 40 anni.

Al contempo Wendy inizia a studiare il proprio cervello, con strumenti di neuroscienze che permettono di vedere e mappare che cosa accade ai suoi neuroni e alle sue aree cerebrali.

Tutto procede normalmente fino a quando, ad un certo punto, scopre che in pochi mesi non erano cambiate solamente la sua vita e le sue abitudini, ma anche a livello celebrale si stavano attivando intere aree fino a quel momento inutilizzate. 

Le strutture e le connessioni tra i vari neuroni stavano cambiando, modificando l’architettura generale del cervello e rendendolo più bello e flessibile. 

💪 Metaforicamente potremmo dire che lo stava allenando proprio come si fa con un muscolo qualsiasi, e con benefici sorprendenti.

Un cervello con più memoria e creatività

Ma non è tutto.

Scopre addirittura che si sente più energica, la sua memoria migliora, si sente più creativa, efficace e rapida sia nel lavoro che nella vita privata. 

Anche a livello sociale diventa più “attraente” agli occhi degli altri, più desiderata. Possibile?

Le ragioni biochimiche spiegano il perché di tutto ciò. 

E proprio attraverso il suo libro e la sua storia, Wendy ci racconta come questo sia possibile per ciascuno di noi, attraverso un percorso facile e valido per tutti, arricchito da consigli pratici per migliorare le nostre capacità cognitive e di apprendimento mantenendo il cervello attivo.

Ma perchè dovrei allenare il mio cervello?

Da Wendy impariamo che tutto questo si può fare con attività semplici e anche divertenti. Ma perché dovresti farlo? Che vantaggi ci sono?

➡️  Il mondo cambia rapidamente e richiede nuove abilità mentali vitali per pensare, imparare ed essere creativi. Che tu sia un adolescente, un adulto o nella terza età, più flessibile sei, meglio stai nel mondo.

➡️  Se il tuo cervello lavora meglio oggi, avrai dei benefici anche nel futuro. Mantenendolo in forma, rallentano infatti anche gli effetti naturali dell’invecchiamento celebrale che tutti noi ci troviamo prima o poi ad affrontare. 

➡️  Se rendi il tuo cervello più flessibile sarà anche più veloce nel risolvere problemi, avrai un raggio “mentale” aumentato. Avrai una marcia in più per competere con gli altri perché penserai fuori dagli schemi. 

Quindi come ringiovanire e mantenere il cervello attivo?

Come riportano Wendy nel suo libro e  André Vermeulen nel suo  ecco 4 abitudini quotidiane per allenare il cervello a qualsiasi età (avete letto bene, a qualsiasi età!!):

✔️ ESERCIZIO FISICO: attiva il cervello mantenendolo in forma e integrato. Non è necessario fare la maratona di New York, ciò che conta è la costanza. Anche una passeggiata di 30 minuti ogni giorno ha effetti strabilianti. Ecco qui un video della nostra Wendy che sicuramente ti spronerà a muoverti da oggi.

✔️ ESERCIZI MENTALI:  impara qualcosa di nuovo, come un gioco da tavolo o di carte, una strada diversa per andare a scuola, al lavoro, oppure al tuo ristorante preferito, suonare uno strumento. O ancora leggere qualcosa di diverso dal tuo ambito o dalle tue passioni, studiare, meditare.

✔️ CAMBIARE: cambia il tuo ristorante preferito, cambia il posto a tavola, cambia visuale. Cambiare fa bene al cervello. Non fare sempre le stesse cose  solo perché ti fa sentire sicuro.  Con quel “sicuro” invecchi!

✔️ FAI ESPERIENZE DIVERSE: prova a riconoscere degli oggetti ad occhi chiusi toccandoli solo con le mani. In questo modo il cervello sarà costretto a fare tantissime operazioni mentali insolite rispetto a quando sei semplicemente impegnato a guardare un oggetto.

Ma anche fare la doccia ad occhi chiusi, assicurandoti che shampoo e bagnoschiuma siano in zone diverse. Oppure prendere degli oggetti di uso comune e osservarli attentamente dopo averli messi al contrario.

Puoi anche pensare di “copiarli” a mano, così come li vedi girati. Così guarderai le cose da un altro punto di vista…in tutti i sensi. Insomma sperimenta, prova, divertiti. 

E come dice Wendy:

“.. Non sono trucchi ma scienza, perché i meccanismi che regolano la connessione corpo-cervello sono universali e comprovati: basta una scintilla per innescare una reazione.”

 

Articolo a cura di Sarah Noemi Bonomi, psicologa del benessere

felicità

Essere felici ci fa stare meglio?

Da sempre l’uomo è alla ricerca della felicità. Ma che cosa significa essere felici? Quali ricadute può avere sulla nostra salute? In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande.

La felicità, o meglio che cosa significhi essere felici, è un concetto molto complesso da definire. Non ci sono ricette che possano considerarsi valide per tutti.

Storicamente, la felicità è stata definita secondo due diverse prospettive: 

1️⃣ quella eudaimonica , che ne fa un orientamento di vita e di azione, di espressione del proprio potenziale;

2️⃣ quella edonistica ,che vede il benessere soggettivo come il risultato del raggiungimento di esperienze piacevoli.

Un’altra visione interessante è quella che definisce il benessere psicologico in sei dimensioni. 

Queste, secondo la teoria di Carol Ryff  sono:

  • autoaccettazione
  • autonomia
  • rapporti positivi con gli altri
  • controllo dell’ambiente
  • crescita personale
  • scopi di vita

🚴Occuparsi del proprio benessere psicologico è importante anche per le ricadute che può avere in termini di salute fisica

Diversi studi in passato hanno già evidenziato come le persone felici godano di una salute cardiovascolare migliore e di un sistema immunitario più pronto.

In particolare, una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Psycholgical Science. ha mostrato la relazione che intercorre  tra una visione “felice” della vita e il benessere fisico.

È stata presentata da Kostantin Kushlev, professore di psicologia presso il Dipartimento di Psicologia dell’università di Georgetown.

(Se volete leggerlo nella versione integrale lo trovate: qui).

I risultati mostrano che aumentare il benessere psicologico in adulti sani porta un beneficio in termini di benessere fisico.

In tal senso, gli interventi psicologici volti a migliorare il benessere psicologico hanno ugualmente effetto sia che siano erogati in presenza che online.

📝 Lo studio di Kushlev e i suoi colleghi

Hanno partecipato 155 adulti in buona salute (età 25-75). 

Questo campione è stato suddiviso in modo casuale in due gruppi: uno di controllo e un altro interessato da un intervento psicologico della durata di 4 mesi.

Da sottolineare che non ci sono stati programmi diretti al potenziamento della salute fisica.

Nello specifico, l’intervento si focalizzava su 3 diverse dimensioni del Sé:

  • Sé nucleare, attraverso cui ci percepiamo come artefici delle nostre azioni
  • Sé esperienziale, il modo in cui percepiamo noi stessi e i nostri vissuti
  • Sé sociale, insieme dei ruoli e delle caratteristiche riconosciute dagli altri

La prima fase

Le prime 3 settimane hanno riguardato il Sé nucleare con lo scopo di individuare:

  • valori personali
  • obiettivi di vita
  • risorse e punti di forza

La seconda fase

In questo segmento dell’intervento i ricercatori hanno impegnato i partecipanti in attività volte a:

  • implementare la propria capacità di regolare le emozioni
  • aumentare la consapevolezza dei propri pensieri e delle proprie emozioni 

In particolare, ci si è concentrati su quelli che potevano essere i modelli di pensiero disfunzionali.

La terza e ultima fase

Infine, l’ultimo step ha previsto un potenziamento del proprio Sé sociale

Come evidenziato da Carol Ryff, infatti. avere un rapporto positivo con le altre persone è fondamentale ai fini del benessere psicologico.

I partecipanti sono stati quindi aiutati ad apprendere strumenti per:

  • coltivare la gratitudine
  • facilitare le interazioni interpersonali positive
  • aumentare il livello di impegno e partecipazione alla vita e al benessere della propria comunità di appartenenza

Corpore sano….in mens sana

I risultati hanno attestato  un aumento del benessere psicologico dei partecipanti allo studio. Se questo dato era in parte prevedibile, si è però riscontrato un altro fenomeno interessante:

una diminuzione dei giorni di malattia sia durante l’intervento sia nei tre mesi successivi alla fine del programma.

Sembra proprio che l’antico detto latino mens sana in corpore sano sia più che mai attuale.

Generalmente si tendono ad enfatizzare la prestanza e la salute fisica. Tuttavia, per raggiungere quest’obiettivo non si può prescindere dalla salute della propria psiche.

Le sedute in palestra e i consulti con il nutrizionista sono sicuramente importanti. Ma a questi andrebbero affiancati anche  tempo e risorse per coltivare la propria felicità.

Fonte: psychcentral 

Articolo a cura di Simone Maggio, psicologo clinico e del marketing